FRUSTAZIONE D'EQUIPE

FRUSTRAZIONE D’EQUIPE!
di Gigi Avanti
A proposito di supervisione, su cui avete ora finito di leggere l’ampio dossier, vi presentiamo un articolo, scritto qualche anno fa da Gigi Avanti ma sempre attuale, in cui parla delle dinamiche d’equipe e di come farsi lenire i bruciori delle frustrazioni che, inevitabilmente la nostra professione comporta:

Il lavoro del Consulente Familiare è soggetto, forse più di tanti altri, agli attacchi delle frustrazioni. La frustrazione, nella sua accezione psicologica, è uno stato psichico di profonda depressione e di sconfitta che insorge di fronte a difficoltà sentite come insormontabili.
Senza andare troppo nel profondo (dove si potrebbe scoprire qualcosa di più frustrante ancora), mi limito a descrivere la dinamica insidiosa di ogni tipo di frustrazione consistente nella non chiara percezione della sproporzione esistente tra aspettative e speranze da una parte ed episodio concreto o dato reale, scatenante la frustrazione, dall’altra. Non riuscire a “leggere” tale sproporzione è la dinamica della frustrazione.
Ogni Consulente vive degli episodi o delle realtà capaci di mandarlo in frustrazione, così come ogni consulente, ben formato, conosce il segreto per provvedere da sé a digerire le proprie frustrazioni evacuandone, quotidianamente le scorie.
Ma spesso questo non basta.
Ed è per questo, infatti, che nel contesto della formazione permanente è previsto per tutti i consulenti di Consultorio l’incontro d’equipe (che, rispettando certe regole, può essere vissuto come una vera supervisione). Nel contesto relazionale di un incontro d’equipe avvengono dinamiche di per sé volte a lenire i bruciori delle frustrazioni.
A determinate condizioni.
A patto cioè che ogni Consulente (ed ovviamente ogni conduttore o supervisore di turno) si impegni a realizzare quattro condizioni di base (la mancanza delle quali potrebbe esporre paradossalmente ad ulteriori frustrazioni).
1) Avere una identità chiara: sapere cioè chi si è come persona, come ci si relaziona in virtù della propria funzione. Se si confonde questo col ritenersi “bravi” o, più semplicemente, col ritenersi tutti uguali” si finisce per ostacolare gli altri nel relazionarsi a noi.
2) Avere una comunicazione completa e costante: se la semplice informazione è già di per sé “potere”, figuriamoci la comunicazione! Se non c’ comunicazione per quel che cooncerne l’operare del gruppo rispetto agli obiettivi prefissati la vita e la sussistenza del gruppo sono in pericolo. In tal senso il non detto o il lasciato intendere sono nocivi.
3) Avere degli obiettivi comuni, non solo dichiarati, ma anche vissuti; diversamente possono prevalere atteggiamenti più orientati al raggiungimento di propri traguardi (solitamente caratterizzati dalla “affermazione di sé”) che alla realizzazione del “progetto comune” (se l’obiettivo è il servizio professionale, l’affermazione, spesso inconscia, del proprio prestigio risulta contraddittoria).
4) Avere una buona e chiara ripartizione del potere: bisogna riconoscere che, al di là delle buone intenzioni ed anche delle personali doti, il “fenomeno” del potere esiste non appena ci sono due persone insieme. Se questo fenomeno è ben gestito si evitano o si stemperano le concorrenze e le competizioni. Mai il potere può essere nelle mani di una sola persona! In tale senso si eviterà che una sola persona sommi o sovrapponga più funzioni. Si ricorda che la responsabilità (compresa quella legata al carisma) porta ed avere potere. Per questo ci deve essere sempre una sana correlazione tra responsabilità e potere, come va anche riconosciuto che il carisma non sopporta ripartizioni.
Dalla statistica risulta che le condizioni 2 e 4 sono le più difficili da vivere nel gruppo consulenti. Da qui la necessità di un maggiore impegno e di una particolare attenzione in quei settori. Da parte di tutti, direttori, supervisori, conduttori compresi!
In tale modo, e solo in tale modo, le frustrazioni verranno metabolizzate e la vita dell’equipe sarà appagante.

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